Cass. Civ., sez. III, ord. del 01.03.2024, n. 5547
La Cassazione, con la sentenza emarginata, torna sul dibattuto tema della autonoma risarcibilità del danno morale e del danno biologico.
Per quanto di interesse, sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello di Reggio Calabria, nel caso specifico di una lesione di lieve entità, escludevano l’autonoma risarcibilità del danno morale, rilevando che l’attribuzione congiunta del risarcimento del danno biologico e del danno morale comporta una duplicazione non consentita, ciò in quanto il danno morale costituisce una componente del danno biologico.
Ricorreva per Cassazione il danneggiato, lamentando, tra l’altro, la violazione di norme di legge in relazione all’autonoma risarcibilità del danno morale.
La Suprema Corte, accogliendo il motivo, ha ritenuto utile ribadire i principi di diritto enunciati in tema di risarcimento del danno alla persona.
Dapprima viene ricordato che, secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale e della stessa Suprema Corte, l’unitarietà del danno non patrimoniale deve essere considerata rispetto a qualsiasi lesione, sia che si tratti di un interesse o che si tratti di un valore costituzionalmente protetto, e non è suscettibile di valutazione economica. Mentre, l’onnicomprensività del danno non patrimoniale impone al Giudice la valutazione, ai fini risarcitori, di tutte le conseguenze dannose derivanti dal fatto illecito, considerando altresì il limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici. Nel compiere tale indagine, il Giudice deve accertare concretamente il danno, introducendo i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni.
Proseguono gli Ermellini evidenziando come il danno dinamico-relazionale causato dalla lesione, riconducibile alla categoria del danno biologico, debba essere distinto dal danno morale, inteso come sofferenza interiore (vergogna, paura, disistima di sé, disperazione).
Pertanto, nella valutazione del danno alla salute vanno esaminate distintamente le conseguenze incidenti sul piano dinamico relazionale riguardanti l’ambito relazionale del soggetto leso con la realtà esterna, rispetto alle conseguenze incidenti sul piano morale, che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto leso con sé stesso.
Fatta questa specificazione, il Collegio puntualizza che costituisce una duplicazione non consentita la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno c.d. esistenziale, id est dinamico relazionale, ma non la differente ed autonoma valutazione della sofferenza interiore patita dal soggetto leso.
Venendo, poi, ad analizzare la questione sul piano probatorio, la Suprema Corte esclude che possa procedersi ad un automatico riconoscimento, in via presuntiva, del danno morale solo in ragione della sussistenza di un effettivo danno biologico, dovendo il danneggiato fornire una rigorosa allegazione e prova dei fatti secondari idonei a supportare la prospettata sofferenza interiore conseguente all’illecito.
A tal proposito, Il Collegio precisa che, ancor più in presenza di una ridotta percentuale di invalidità, dovrà ritenersi maggiormente limitata la possibilità di invocare il valore rappresentativo del danno biologico ai fini dell’eventuale riconoscimento di un coesistente danno morale. Ciò in considerazione del fatto che, in presenza di un fatto lesivo di significativa ed elevata gravità, è ragionevole presumere che dalle stesse possa derivare uno sconvolgimento della vita piscologica individuale; mentre tale presunzione non potrà dirsi altrettanto supportata nel caso di lesioni di lieve entità. Pertanto, in presenza di un danno biologico di lieve entità, ai fini del riconoscimento del danno morale sarà richiesta una rigorosa allegazione e prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate.
Avendo la Corte territoriale negato astrattamente ed automaticamente la risarcibilità del danno morale in applicazione di una regola di giudizio contrastante con i principi enunciati, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.
In conclusione, il riconoscimento congiunto del danno morale e del danno biologico non comporta una duplicazione. Tuttavia, in particolar modo in presenza di lesioni di lieve entità, il Giudice deve valutare nel merito e in concreto, secondo la più rigorosa graduazione del ragionamento presuntivo operabile, l’idoneità delle allegazioni e degli elementi probatori offerti dal danneggiato a supporto della pretesa risarcitoria del danno morale.
Cassazione civile sez. III, 01.03.2024, n. 5547Condividi
Ultime news
- QUALE REGIME PROBATORIO VA APPLICATO ALLE FATTISPECIE ANTE LEGGE GELLI?
- DANNO DA PERDITA DEL RAPPORTO PARENTALE: IL GIUDICE È TENUTO A VALUTARE IN CONCRETO TUTTI I FATTI ALLEGATI DAI PROSSIMI CONGIUNTI
- NESSO CAUSALE: L’ACCERTAMENTO VA CONDOTTO IN RELAZIONE ALL’EVENTO DANNOSO SUBITO DAL PAZIENTE E NON ALLA MANCATA EFFICACIA TERAPEUTICA DELLA CONDOTTA CONTESTATA
- CLAUSOLA CLAIMS MADE: LA VALUTAZIONE VA CONDOTTA IN RELAZIONE ALLA CAUSA IN CONCRETO
- LA RETICENZA DELL’ASSICURATO IN SEDE DI STIPULA DEL CONTRATTO: QUANDO RILEVA EX ART. 1892 C.C.?