Commento all’ordinanza di inammissibilità del Tribunale di Napoli sez. VIII civile del 20 marzo 2020.
Con ricorso ex art. 696-bis c.p.c., quindici persone agivano in giudizio nei confronti della struttura sanitaria, dove la loro congiunta Mevia era stata ricoverata e sottoposta ad intervento chirurgico, e nei confronti del medico che, secondo i ricorrenti, aveva eseguito l’intervento chirurgico. I ricorrenti lamentavano una presunta malpractice nell’esecuzione dell’intervento chirurgico che aveva causato il decesso della signora Mevia.
Nel ricorso, i ricorrenti si limitavano ad affermare genericamente di essere eredi della signora Mevia.
Con la costituzione in giudizio, la struttura sanitaria chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa la propria compagnia assicurativa. Il Giudice la autorizzava e assegnava il termine per la notifica.
Con la comparsa di costituzione e risposta, la difesa della Compagnia assicurativa eccepiva, tra l’altro, l’inammissibilità del ricorso attesa la carenza del requisito del fumus boni iuris, rilevando l’estrema genericità del ricorso.
Inoltre, la difesa della Compagnia eccepiva il difetto di legittimazione attiva in capo ai ricorrenti rilevando la mancanza di prova della qualità di eredi. La difesa della Compagnia evidenziava infatti che i ricorrenti si erano limitati ad affermare, in via del tutto generica, di essere eredi della defunta Mevia senza fornire alcuna prova in merito all’effettivo possesso dello status di erede. I quindici ricorrenti non avevano infatti prodotto alcun documento che dimostrasse la qualità di erede né avevano riferito il proprio rapporto e grado di parentela con la defunta.
Con ordinanza del 20 marzo 2020, il Tribunale di Napoli ha accolto le eccezioni sollevate dalla difesa della Compagnia assicurativa, dichiarando, per l’effetto, l’inammissibilità del ricorso ex art. 696-bis c.p.c..
In primo luogo, il Tribunale di Napoli ha infatti rilevato che: “Deve infatti osservarsi come, nella specie, il ricorso proposto risulti invero generico ed indeterminato, con la conseguenza che il suo accoglimento condurrebbe inevitabilmente ad una indagine esplorativa, in quanto i ricorrenti hanno non soltanto omesso di indicare e quantificare le loro pretese risarcitorie, non allegando alcuna prova dei danni, ma omettono altresì di richiedere a questo giudicante, per mezzo del CTU, la stessa quantificazione del danno, limitandosi a richiedere l’accertamento delle responsabilità in capo ai convenuti, riservandosi una azione risarcitoria “in caso di inerzia” (cfr. ricorso ex 696-bis c.pc. di parte ricorrente).”
Inoltre, il Tribunale di Napoli si è pronunciato anche sulla mancanza di prova dello status di erede ritenendo che: “Questo giudicante osserva infatti che sussiste carenza di titolarità attiva in capo ai ricorrenti, dovendosi rilevare che gli stessi hanno dichiarato di agire in qualità di eredi del sig.ra Mevia, senza tuttavia allegare alcuna prova a dimostrazione del relativo status, non avendo gli stessi allegato alcun documento che attesti il possesso della qualità di eredi.”
A fondamento della sua decisione, il Tribunale di Napoli ha richiamato la pronuncia a Sezioni Unite della Cassazione civile, sez. un., 16/02/2016, n. 2951, citata dalla difesa della Compagnia assicurativa, che aveva sancito il seguente principio: “la titolarità della situazione sostanziale dedotta in giudizio è un elemento costitutivo della domanda, rientrante nell’onere deduttivo e probatorio dell’attore, salvo che il convenuto la riconosca oppure svolga difese incompatibili con la sua negazione.”
Ulteriormente, il Tribunale di Napoli ha richiamato anche la sentenza della Cassazione civile, sez. lav., 30/04/2010, n. 10525 (citata anch’essa dalla difesa della Compagnia assicurativa), e per l’effetto ha ritenuto che: “La prova della qualità di eredi rientra, pertanto, nell’onere probatorio dei ricorrenti, onere che nella specie non risulta essere stato assolto, non potendosi considerare sufficiente, come chiarito a più riprese dalla giurisprudenza più recente, nemmeno la prova della sola delazione, necessitando a tale scopo prova dell’accettazione, mediante aditio oppure per effetto di pro herede gestio oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 485 c.c.
Come già anticipato, il Tribunale di Napoli ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 696-bis c.p.c. non solo accertando la indeterminatezza e la genericità del ricorso, ma per mancanza di prova del possesso dello status di eredi da parte dei ricorrenti che comportava il difetto di legittimazione attiva in capo ai ricorrenti.
In base a questa pronuncia, la prova del possesso della qualità di eredi deve pertanto ritenersi requisito indispensabile ai fini della legittimazione attiva e quindi ai fini della ammissibilità del ricorso ex art. 696 bis c.p.c..
avv. Ilaria Oberto Tarena
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