Trib. Verona, sent. del 15.11.2023, n. 2181
Nel caso di specie, con ricorso ex art 702-bis c.p.c., gli attori (figli e moglie del paziente defunto) agivano avanti al Tribunale di Verona, in proprio e in qualità di eredi, nei confronti di una struttura sanitaria pubblica, convenendo in giudizio anche i due medici che ebbero in cura il loro congiunto.
Gli attori contestavano ai convenuti di non aver diagnosticato tempestivamente la neoplasia del colon sofferta dal loro congiunto e chiedevano la condanna in solido al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali subiti a causa della condotta colposa dei sanitari.
In particolare, la moglie e i due figli del de cuius chiedevano, in via ereditaria, il risarcimento del danno biologico da premorienza del congiunto qualificandolo in termini di perdita di chance di sopravvivenza e, in proprio, il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale.
A fondamento delle pretese risarcitorie, gli attori richiamavano le conclusioni della CTU medico legale espletata nel procedimento di ATP ex art 696-bis c.p.c., la quale riconosceva un danno da perdita di chances di sopravvivenza al 50%.
Il Giudice, ritenendo che la consulenza espletata nel giudizio di ATP fosse affetta da contraddizioni intrinseche, ne disponeva la rinnovazione.
La nuova CTU, espletata nel corso del giudizio di merito, accertava la responsabilità dei medici operanti all’interno della struttura per non aver programmato l’effettuazione di una colonscopia, a fronte del rilevato e sospetto ispessimento della parete colica, come raccomandato dalla letteratura scientifica
I Consulenti incaricati dal Giudice, sostenevano che una idonea diagnosi avrebbe, con ogni probabilità, individuato la neoplasia in uno stadio più precoce, il che avrebbe comportato una diversa sopravvivenza del paziente. Nello specifico, nell’elaborato peritale, veniva riportata una possibilità di sopravvivenza di 5 anni, nel 56% – 57% dei casi, nell’ipotesi di diagnosi precoce della neoplasia, anche in considerazione dell’età del danneggiato.
Con riferimento al caso concreto, il collegio peritale concludeva che un diverso esito prognostico avrebbe potuto concretizzarsi in una sopravvivenza del paziente di ulteriori 3,5 anni rispetto alla data della morte, nell’ipotesi in cui le plurime comorbilità da cui risultava affetto il paziente non avessero inciso negativamente influenzando la detta previsione.
Alla luce delle risultanze della CTU, dunque, il Tribunale riteneva di riqualificare il danno da perdita di chances di sopravvivenza in danno cd. da perdita di vita anticipata o prematura.
A fondamento di tale decisione, il Giudice di prime cure richiamava la definizione di perdita di chances da ultimo fornita dalla Corte di Cassazione con la nota sentenza n. 5641 del 09.03.2018, secondo la quale la perdita di chances presuppone un’incertezza in ordine all’evento lesivo, circostanza quest’ultima non ricorrente nel caso di specie.
In secondo luogo, il Tribunale osservava che, come è stato chiarito recentemente dalla Suprema Corte con la sentenza n. 26851 del 19.09.2023, nel caso in cui la morte sia intervenuta in momento antecedente all’introduzione della lite, ove sia accertato, secondo i comuni criteri eziologici, che l’errore medico abbia anticipato la morte del paziente, il danno debba essere piuttosto inquadrato quale danno cd. da morte anticipata o prematura.
Nella sentenza oggetto di commento, il Tribunale di Verona ha dunque risarcito il solo danno biologico in ordine alla peggiore qualità della vita effettivamente vissuta dal danneggiato, a titolo di invalidità temporanea, con riferimento al periodo intercorrente tra l’errore medico (omessa diagnosi) e l’evento morte, avvenuto in via anticipata rispetto al prevedile esito e comunque ricollegabile alla patologia. Veniva, invece, esclusa la risarcibilità del danno morale da lucida consapevolezza della anticipazione della propria morte, in assenza di allegazioni attoree sul punto.
In particolare, alla luce delle scarne allegazioni di parte attorea in ordine alla peggiore qualità della vita vissuta dal danneggiato e considerato che si trattava di paziente oncologico al quale venne prescritta, al momento della diagnosi di neoplasia del colon, esclusivamente una terapia palliativa, Il Tribunale ha ritenuto che il periodo di invalidità temporanea assoluta del paziente dovesse essere ricompreso tra la data del ricovero (in occasione del quale venne diagnosticata la neoplasia) e la data del decesso, complessivamente pari a 41 giorni.
Infine, con riguardo alla quantificazione del suddetto danno, il Giudice ha applicato la tabella aggiornata al 2021 adottata dal Tribunale di Milano, liquidando l’importo di euro 99,00 per ogni giorno di invalidità totale (pari a 41 giorni), per un totale complessivo di euro 4.059,00.
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